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LE LEGGI DELLA TAVOLA
Regole per tutti i gusti
Biblioteca Oplepiana N. 29
(2009)

Indice

Elena Addomine
Corona di sonetti gastronomici

Paolo Albani
Rimembranze culinarie alla maniera di Perec

Raffaele Aragona
La contrainte à la carte

Alessandra Berardi
Indovina chi sviene a cena?

Anna Busetto Vicari
Uova sode

Ermanno Cavazzoni
Vite di golosi

Lorenzo Enriques
Il “chilometro libero”

Brunella Eruli
La dieta oplepiana

Daniela Fabrizi
Dialogo in green

Sal Kierkia
A mensa

Edoardo Sanguineti
Distichetti alfabetici artusiani

Màrius Serra
Menu Adriatico
(Carme-non-figurato) / Ferran Adrià & Carme Ruscalleda

Giuseppe Varaldo
Elogio della farinata

Lorenzo Enriques
Il “chilometro libero”


 

Quando ero molto piccolo avevamo nell’orto lamponi, ribes e fragole: eravamo liberi di mangiarne a volontà, ma stava a noi capire se erano già maturi. A sei anni iniziarono a mandarmi con un bidoncino di alluminio a prendere il latte appena munto dal signor Gagno, il contadino che abitava sull’altro lato della valle: lo ricordo perché è stato il mio primo incarico di una certa responsabilità. Le uova venivano dal pollaio. Ogni tanto spariva una gallina e lo stesso giorno si mangiava pollo: la coincidenza era un fatto acquisito, su cui noi bambini non ci ponevamo troppe domande.

Più tardi ho incominciato a conoscere i cibi squisiti del Canavese e del Piemonte: gli asparagi di Santena, le ciliegie di Pecetto, il lardo di Arnad, i nocciolini di Chivasso, i vini delle Langhe, i tartufi di Alba. A 15 anni, con il primo motorino (un Motom 48) facevo lunghe gite per andare ad assaggiarli nelle piole locali.

La vera liberazione gastronomica per me è coincisa con il ’68: ho scoperto la libertà di alternare cibi semplici e sofisticati, cibi prodotti vicino a casa o lontano, cibi cari e cibi economici.

Ora conosciamo e amiamo il pâté di Strasburgo, le ostriche belon, i vini della California, del Cile, della Nuova Zelanda, il salmone scozzese e svedese, la fondue chinoise, la paella, il pata negra e la sangrìa, i mille formaggi francesi. E anche i mille vecchi formaggi italiani che abbiamo scoperto soltanto in questi ultimi anni: il bagoss, il castelmagno, il formai de mut, la raschera, la toma, la vastedda,…

Qualcuno sostiene che si dovrebbe adottare il chilometro zero (1): consumare di preferenza cibi prodotti vicino al luogo di acquisto. Non ho nulla in contrario. Per esempio ho scoperto che Marco, un ferroviere in pensione, si è improvvisato enologo: produce e vende sotto casa mia a Lucca l’ottimo Acciarino, un vino leggero che alterno con il più corposo Niffo della mia vigna. Il nostro orto produce sapidi pomodori le cui piante sono state trapiantate da Torre del Greco. I cachi davanti al mio studio forniscono frutta per tutto novembre e dicembre.

Ma non vorrei che la difesa del locale ci impedisse di trovare nei negozi e nei supermercati i prodotti ai quali ormai la globalizzazione ci ha abituati: l’uva sudafricana, gli yogurt greci, le birre messicane, il caviale beluga del Caspio.

A favore del chilometro zero si sostiene che il risparmio nei trasporti si traduce in una corrispondente riduzione dell’immissione di CO2 nell’atmosfera: questo è certo vero in casi clamorosi, come quello delle acque minerali, aduse a muoversi inutilmente su e giù per l’Italia.

Ma forse non si tiene pienamente conto del fatto che una riduzione della globalizzazione nei cibi provocherebbe inevitabilmente una crescita del turismo gastronomico.

Sono debitore a uno studio del prof. Pino A. O’Balla, economista, e del prof. Aaron E. La Geraffa, ingegnere, per la stima che i soli viaggi in automobile verso Alba ed Acqualagna per gustare i tartufi nel periodo autunnale producono mediamente un’immissione addizionale di circa 1.500 kg di CO2 per ogni kg di tartufo mangiato [Pino A. O’Balla, Aaron E. La Geraffa, comunicazione privata, 2009] (2).

In questo lavoro intendo proporre tre menu a ‘chilometro libero’, che coniugano gastronomia e geografia in magici accoppiamenti letterali: l’articolazione dei nomi dei piatti proposti corrisponde a un preciso disegno linguistico concepito da una mente superiore.

[L’autore è grato a Clare Brin per l’attenta e diligente rilettura del manoscritto]

Note

1 «A chilometro zero, detto di alimentari prodotti a breve distanza dal luogo di commercializzazione» (lo Zingarelli 2010, Zanichelli, Bologna, 2009).

2 La stima dell’equivalenza fra CO2 e tartufo non è campata in aria: si valuta che ogni viaggio in macchina ad Alba in media richieda 50 litri di benzina e si concluda con il consumo di 100 etti di tartufo. Perciò un chilo di tartufo corrisponde a 10 viaggi e a circa 500 chili di benzina, pari a circa 500 chili di carbonio, i quali si annettono circa 1000 chili di ossigeno per un totale appunto di circa 1500 chili; ovviamente il tutto non solo è scherzoso ma anche spannometrico).

1
Tordela del Taro

Prelibato uccelletto cacciato in botte nel Parmigiano

Dadini d’India
Dadolata di porcellino al curry

Sanpietro peronista
Delicato pesce del Mar della Plata

Coulis siculo
Profumato sugo fatto con i pomodorini di Pachino

Carote croate
Con i sapori speziati tipici dei Balcani

I desii di Iesi
Friandises marchigiane

Arabica caraiba
Caffè con aromi del golfo del Messico

Chianti antichi
Rossi toscani vinificati con ricette dugentesche

Anisetta atestina
Liquore di anice stellato; specialità di Este

2
Desinari d’Isernia

Cibi molisani di composizione,
aspetto e sapore indefinibili; peraltro squisiti

Sapidi di Pisa
Tortelli alla Ugolino:
se si ascolta i pisani, molto migliori degli
‘Scipiti di Livorno’

Minestra mestrina
Variante di terraferma dei ‘Risi e bisi’:
però senza piselli e senza riso

Murena rumena
Gustoso pesce del Mar Nero con aguzzi denti
in stile Dracula

Tartara tartara
Specialità dell’omonimo deserto

Spinacio ispanico
Ricco di ferro:
usato per la fabbricazione delle lame di Toledo

Eccelsi leccesi
I tradizionali biscotti salentini

Insolie lionesi
Bianchi profumati del Rodano prodotti da vitigni
di origine sicula

Cordiale del Cairo
Il preferito da Tutankhamon

3
Terrina tirrena

A base di teneri pesci della costa occidentale d’Italia

Potages Gestapo
Di cavoli e rape; rivisitazione di zuppe
delle mense naziste della Pomerania

Peperonata partenopea
Con la ‘pummarola’ al posto dei peperoni

Balena elbana
A Portoferraio,
nome eufemistico della frittura di gianchetti

Sedani danesi
Gli ortaggi preferiti da Amleto

Amigdala di Malaga
Profumata mandorla andalusa

Evento veneto
‘Xe la sorpresa final!

Chianti chinati
Rossi toscani amaricanti



Glossa

La "magica" articolazione delle pietanze dei tre menu comprende due parti, l'una anagramma dell'altra.

Sul "chilometro libero" di Enriques si veda l'articolo di Antonio Fiore sul Corriere del Mezzogiorno on line.

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