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A GEORGES PEREC

Biblioteca Oplepiana N. 34
(2012)

Contiene interventi di:
Elena Addomine, Paolo Albani, Raffaele Aragona, Michèle Audin, Marcel Bénabou,
Laura Brignoli Pusterla, Anna Busetto Vicari, Massimo Gerardo Carrese, Ada De Pirro,
Daniela Fabrizi, Paul Fornel, Jacques Jouet, Paolo Pergola, Astrid Poier-Bernhard,
Hermes Salceda, Olivier Salon, Antonella Sbrilli, Gigi Spina, Aldo Spinelli, Giuseppe Varaldo,
Eliana Vicari Fabris, Giorgio Weiss, Gianni Zauli, Furio Honsell, Ermanno Cavazzoni e Jean Talon.

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La ponderata coazione a non ripetere

 

 «Je tiens absolument», ha detto Georges Perec, «à ce qu’aucun de mes livres ne se répète, que chacun ait un aspect différent». È forse questo uno dei connotati più interessanti dell’attività letteraria di Perec, insieme alla sua generosa disposizione a sperimentare sempre nuove e proficue contraintes.

E così, messi di fronte all’esperienza di uno scrittore-stimolo come l’autore de La vie mode d’emploi, non potevano che essere numerosi e diversi i contributi di quanti - oplepiani, oulipiani e non - hanno voluto rendere omaggio allo scrittore che più di ogni altro personifica lo spirito e le caratteristiche della letteratura à contrainte.

Molteplici sono le modalità e le regole con le quali questi «affezionati perechiani» hanno voluto celebrare i trent’anni trascorsi dal 1982 che segna la disparition di quel singolare artificiere e manipolatore del linguaggio che fu Perec. Pungolati dalla fantasiosa spericolatezza dello scrittore francese, lo hanno fatto da un lato con testi à contrainte che ripetono qualcuno dei suoi molteplici generi (i je me souviens, l’épithalame, i mots croisées, i proverbi in rebus, i monovocalismi, i beaux présents, i palindromi e i lipogrammi, la parodia di pubblicazioni scientifiche) e dall’altro con testi basati su contraintes originali.

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Furio Honsell

UN'ALTRA SCOMPARSA

                                                              
 

                                                                                                                                         a chi intuì l’importanza ontologica
                                                                                                                                                                    di una scomparsa.

 

Anni fa, scoprii una scomparsa di quattro giorni in un racconto di Buzzati. La racconto usando una prosa paratattica, ossia vincolata alla mancanza di subordinazioni tra proposizioni.
…qualcuno non trova mica un’altra scomparsa?
Lo spunto arrivò da un racconto di Dino Buzzati. Riguardava 7 postini.
Il protagonista, figlio di un sovrano, inizia un faticoso (infinito?) viaggio conoscitivo dalla città capoluogo sino ai patrî confini. Incarna l’uomo, colmo di carità, ma proprio a causa di ciò, animato da un bisogno di informarsi sulla vita condotta
dai suoi cittadini.
Il protagonista contrasta la nostalgia di casa con l’aiuto di 7 postini individuati tra i suoi vassalli. Fanno la spola con il capoluogo. Partono uno alla volta, con una missiva indirizzata ai familiari. Ritornano con la loro risposta. Così via, uno dopo l’altro, un viaggio dopo l’altro.
I postini viaggiano con una rapidità di 3/2 più alta in rapporto al protagonista. Un postino, quindi, partito dopo n giorni di viaggio, ritorna dal protagonista 4n giorni dopo, ossia 5n giorni dopo la dipartita dalla città di tutta la carovana. Supponiamo, infatti, sia x la durata, misurata in giorni, di un viaggio
di un postino, partito dopo n giorni di viaggio. Si ha allora la formula, (3/2) x = 2n + x. Da cui si ricava il risultato x = 4n.
Pare l’antico paradosso sulla mitologica rincorsa, di una famosa tartaruga, occorsa vicino a Ilio. Ogni postino ritorna sì dal protagonista. Ma non lo ritrova mai al posto lasciato. Lo ritrova ogni volta in un luogo più lontano. La durata di ogni viaggio di un postino quadruplica ad ogni tornata. I contatti con la città stabiliti dai postini, quindi, via, via si diradano. Narrano di un mondo ogni volta un po’ più antico, di fatti accaduti in un passato via, via più lontano.
Ma analizziamo da vicino tutti i discorsi quantitativi di Buzzati. Non mi appaiono poi così rigorosi, purtroppo.
In primo luogo, il protagonista giudica scarsa sia la rapidità sia la quantità di postini. Auspica, infatti, il loro viaggio a una rapidità doppia alla sua. Ma, a conti fatti, il racconto dà un’angoscia analoga, sia con un postino, sia con migliaia di postini, sia con postini più rapidi. Con una rapidità di viaggio, pur più alta, ma fissata, con invii, mai di più, di un postino al giorno, i contatti in ogni caso si diradano.
Un’altra piccola incongruità si trova più avanti. Stando al protagonista la carovana viaggia solo di giorno. Il protagonista concorda con noi sulla durata di ogni viaggio. Ossia, la sua durata quadruplica ogni volta. Quindi i postini viaggiano solo di giorno. Ma stando di nuovo al protagonista, la prima volta tutti i postini partirono al tramonto. Ma allora i conti non tornano. Va assunta una dipartita mattutina. Magari, al tramonto, si salutano solo, chissà?
Ma una mancanza assai più marcata sta in agguato. A un dato punto Buzzati dichiara trascorsi 8 anni 6 mm 15 gg di continuo cammino dall’avvio dalla città di tutta la carovana. Ma in un paragrafo più avanti, poco dopo il tramonto, stanchissimo, arriva al campo il quarto postino. Dico il quarto?!
Stando a quanto riportato all’inizio da Buzzati, il quarto postino partì la prima volta il 5° giorno, poco dopo il tramonto.
Dal calcolo 5 + (4 x 5) = 25, il quarto postino ritornò dal suo primo viaggio il 25° giorno, poco dopo il tramonto. Il suo 2° viaggio iniziò allora la mattina dopo.
25 + (4 x 25) = 125, quindi il quarto postino ritornò il 125° giorno di viaggio. Ripartì la 3a volta la mattina dopo.
125 + (4 x 125) = 625, quindi il quarto postino ritornò il 625° giorno, poco dopo il tramonto. Ripartì ancora la mattina dopo.
625 + (4 x 625) = 3.125, quindi il suo ritorno sarà il 3.125° giorno, al tramonto.
Ma quanti giorni ci sono in 8 aa 6 mm 15 gg? In 8 anni vi sono 2 anni di 366 giorni. In 6 mm, ossia ½ anno, vi sono al più 124 giorni. Quindi 8 aa 6 mm 15 gg durano al più 3.121 giorni !!!
Ma allora sono scomparsi 4 giorni!!!
Ma bonus dormitat Buzzati?
Possiamo scaricar la colpa sul protagonista? Fogg ci aiuta con i suoi 80 giorni intorno al mondo? Sì. La carovana quindi non viaggiò solo a Sud ma un po’ a dritta. Il protagonista calcolò i giorni con gli astri. Ogni suo giorno durò quindi un po’ più a lungo di una quantità piccolissima. In 8 anni, o poco più, il protagonista quindi guadagnò 4 giorni.
Ma può contraddirsi il protagonista? No.
Il nostro mondo, fatto a palla, dà un’altra via d’uscita. La quinta volta il quarto postino, al modo di Colombo, arrivò dal protagonista con una rotta agli antipodi. La rotta risultando, caso opportuno, più corta di 4 giorni.
Ma un’altra via d’uscita si ricava calcolando in modo più calibrato i giorni. Un giorno in più si giustifica così. Il protagonista partì dalla città il 29/2, di un anno di 366 giorni, all’alba. Il primo anno si giudica trascorso quindi solo il primo marzo di un anno dopo all’alba. Il giorno aggiuntivo si ha solo ogni 4 anni, infatti. Gli 8 anni si compiono quindi il primo marzo di 7 anni dopo il primo anno trascorso. Ma allora, con un trucco siffatto, gli anni di 366 giorni in 8 anni risultano 3. Ma mancano ancora 3 giorni.
Possiamo far di più? Sì.
Valutiamo gli scarti tra gli istanti narrativi! A t0 il protagonista stima i giorni trascorsi. A t1 arriva il quarto postino, la quinta volta. Fissiamo ora in modo a noi vantaggioso t1- t0. Un altro giorno si giustifica così. Il protagonista inizia la sua narrativa quando mancano 5 minuti all’alba. Sono allora passati solo 3.122 giorni dal primo giorno di viaggio. Solo 5 minuti dopo sono passati allora già 3.123 giorni.
Ma non si giustificano ancora gli altri 2 giorni mancanti.
Il calcolo di Buzzati si salva solo con una nuova trovata.
Il protagonista conta solo i giorni trascorsi in toto. Voilá!
Non conta, quindi, la prima giornata. La carovana partì di mattina, quindi la prima giornata non fu trascorsa in toto. In analogia, non conta l’ultima giornata. Sarà compiuta in toto, infatti, solo la mattina dopo. Aggiungiamo quindi a 3.123 altri 2 giorni di cammino. Abbiamo così ritrovato proprio tutti i giorni scomparsi!!
Abbiamo salvato la capacità di calcolo di Buzzati.
Ma un racconto non ha mai un significato unico. Futuri suoi fruitori, infatti, animati da altri stili cognitivi, avranno già còlto un’infinità di altri indizî risolutivi.

Siamo così giunti alla chiusura. Ma offrirò ancora alcuni spunti sul racconto di Buzzati (l’amico linguista Luigi R. li ispirò). Quali origini ha l’angoscia indotta in noi? Sono i nostri anni di vita? Molti già passati, magari inutili? Pochi rimasti? Sono gli spazi illimitati di un viaggio ai confini galattici? Buzzati non indica una risposta, usa piuttosto una figura simbolica. Il protagonista non ha più il linguaggio adatto. Trova criptici i fogli ingialliti dai lunghi viaggi passati in tasca ai postini. Insomma, proprio la parola scritta ci comunica l’horror vacui! La narrativa assomma l’abisso sia di un’infinità di spazi sia di un’infinità di anni.
Rischiamo noi la nostra scomparsa?
Non lo so.
Ma con tutta la razionalità usata fin qui, articolata in modo paratattico, tipico di analisi formali, sono sicuro in modo assoluto di un fatto.
Il quarto postino, pur un nobiluomo, in quanto vassallo, di sicuro non fu individuato dal protagonista tra i conti… i conti non tornano, infatti, così rapidi.
 


GLOSSA
 

Si parla di una scomparsa, quella di ben 4 giorni, usando come contrainte l’assenza (una seconda scomparsa) di subordinate, in modo, cioè, paratattico, tipico della prosa scientifica. Un’ulteriore contrainte (terza scomparsa) è data dall’assenza che non sarà difficile trovare pur se trovarla rappresenta già un paradosso ontologico; ma non sfuggirà certamente all’attento lettore.

 

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Su Domenica da collezione, supplemento de il Sole 24 ore del 2 dicembre 2012, è uscito un intervento di Armando Massarenti su Perec e i libri impossibili da ordinare che prende spunto da questa plaquette dedicata a Georges Perec.

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