Ogni esempio di testo costruito secondo regole precise apre la molteplicità "potenziale" di tutti i testi virtualmente scrivibili secondo quelle regole, e di tutte le letture virtuali di quei testi. Italo Calvino
Laura Brignoli
LE COSTRIZIONI LIBERATORIE
DEGLI ARTIGIANI DELLA PAROLA
Non è detto che l’uso del pc abbia davvero eliminato il vecchio incubo dello scrittore, la paralisi di fronte alla pagina bianca che coglie chiunque si accinga a scrivere. Esso si presenta tanto più fortemente quanto più è radicato il mito dell’ispirazione, a prescindere dal mezzo usato. Edoardo Sanguineti ne ha ravvisato la causa nel “terrore della libertà”. Ma se la pagina bianca è un topos dello scrittore, l’ispirazione è un mito che ne alimenta le angosce. L’uno dipende dall’altro, è naturale. E allora come ovviare alla mancanza di ispirazione e sfuggire la pagina bianca?
Le scuole di scrittura creativa, che proliferano da diversi anni, forniscono una serie di accorgimenti e stratagemmi grazie ai quali si sarebbe in grado di “confezionare un prodotto”. L’immagine non è casuale. La logica è quella del marketing.
In altro ambito si collocano due gruppi di scrittori, francesi e italiani, che condividono l’idea di una letteratura più vicina all’artigianato che al marketing, come coloro di cui presentiamo alcuni lavori nelle pagine che seguono. Sono la propaggine italiana dell’Ou.li.po., l’OUvroir de LIttérature POtentielle, fondato nel 1960 in Francia dal matematico François Le Lionnais e dallo scrittore Raymond Queneau, a cui aderirono autori del calibro di Georges Perec e Italo Calvino.
L’analogo gruppo che lavora sul versante dell’italiano nasce nel 1990, per iniziativa di un ingegnere (Raffaele Aragona) e due letterati (Domenico D’Oria e Ruggero Campagnoli) e si chiama Op.Le.Po, Opificio di Letteratura Potenziale. Gli uni e gli altri lavorano su un presupposto fondamentale: l’opera letteraria, anche nella sua forma apparentemente più libera, necessita di una struttura rigorosa, che potrà apparire più o meno visibile al termine dell’elaborazione. Gli Oulipiani e gli Oplepiani si propongono dunque di sviluppare forme letterarie capaci di dar luogo a creazioni inedite, alle quali potranno attingere tutti i “poeti” che vorranno liberarsi dalla tirannia dell’ispirazione. Ricercando le potenzialità latenti nella costruzione linguistica, producono una sorta di pre-letteratura, o letteratura potenziale, appunto, da cui talvolta possono scaturire veri capolavori.
L’elaborazione di nuove strutture si ottiene grazie principalmente a una serie di vincoli, o contraintes. La letteratura è sempre legata a una serie più o meno cosciente di costrizioni, da quelle più banalmente grammaticali della lingua, ai precetti delle forme fisse come il sonetto, o le unità della tragedia classica. Questi scrittori sostengono che proprio i vincoli, le costrizioni, lungi dall’opprimere l’artista, sono il vero motore dell’arte. “La contrainte libère”, affermano gli oulipiani, sostenendo che vi è maggiore libertà nel conoscere le regole a cui si obbedisce piuttosto che sottostare a vincoli inconsapevoli, spesso più potenti e castranti proprio perché inconsci. I due gruppi ne esplorano coscientemente e ludicamente le risorse, gli Oplepiani, soprattutto, ricercando nuovi vincoli mai sperimentati prima, erigono la regola a principio e fine, mentre il testo ne è in genere l’esplicazione.
A molti queste procedure potranno apparire sterili esercizi incapaci di produrre vere opere d’arte, in particolare in ambito italiano stentano a uscire dall’immagine di divertissement enigmistico. Forse perché il gruppo è nato proprio nel contesto dell’enigmistica, come sezione a parte del festival di «Caprienigma». Certo non tutte pretendono di assurgere alle vette della letteratura, ma qualche esempio basterà a mostrare l’errore del pregiudizio.
Fra le riuscite più straordinarie dell’Oulipo vanno citate le opere di Georges Perec, come La Scomparsa (La Disparition, 1969), lungo romanzo in cui non viene mai usata la lettera «e». Ben più di un semplice esercizio, il romanzo, che usa tutti gli stereotipi del giallo, inscrive nel testo la scomparsa dei genitori dell’autore: «e» la lettera eliminata, è omofona di «eux», essi, deportati nei lager nazisti. A esempio di come una costrizione serrata come il lipogramma possa farsi veicolo di un significato né ludico, né superficiale.
Sul fronte Oplepiano, tra le pagine più riuscite indubbiamente ci sono le produzioni di Ermanno Cavazzoni, giocose, divertenti, ciniche, costruite intorno a regole di cui lui stesso svela in limine il meccanismo, come negli Gli scrittori inutili (2002), raggruppati intorno ai sette peccati capitali e alle evenienze della vita, sempre sette, che indurrebbero alla scrittura. A margine, ma non tanto, amare riflessioni sull’arte e le “perversioni” che porta con sé.
Sono questi due esempi di vincoli di diversa natura, l’uno riguardante le lettere (altri sono i monovocalismi, gli anagrammi, i palindromi, gli omofoni, ecc.), l’altro la combinatoria, di cui Calvino fu inventore inesausto, si pensi a Se una notte d’inverno un viaggiatore o al Castello dei destini incrociati. Ma non vanno dimenticati i giochi basati sulle deformazioni/trasformazioni di testi famosi, come L’infinito futuro di Luca Chiti che riscrive il celebre poema leopardiano in forma dapprima monosillabica poi via via amplificando il verso fino agli endecasillabi sciolti.
In occasione del tricentenario della nascita di Rousseau (1712), il gruppo degli Oplepiani ha deciso di lavorare sulla “Botanica fantastica”, proponendo forme e creazioni incentrate sul tema del verde. Casualmente Nemeton si è trovato a presenziare alla riunione e la proposta di offrire lo spazio tematico della rivista alle loro produzioni è stata naturale.
Erudizione, cultura, gioco, ironia, si uniscono a costrizioni più o meno stringenti nei componimenti che si trovano qui di seguito. Ogni autore che ha sottoposto il suo testo a un vincolo ha cura di indicarlo al termine dello stesso. Elena Addomine , per esempio, suggerisce i due testi a cui ha attinto per comporre il suo Jabberlotus, un «collage» il cui esito finale possiede l'eccezionale lievità che si riconosce nelle Fanfole di Fosco Maraini. Non meno serrato il vincolo scelto da Raffaele Aragona che nella sua Ghirlandaia unisce, in un elenco alla Perec, una contrainte ritmica al tautogramma: il risultato finale disegna uno spazio ideale in cui sembrano susseguirsi aiuole e boschetti, forse curati da quel botanico il cui identikit è composto solo di espressioni idiomatiche ovviamente a tema vegetale. Si troveranno alcune invenzioni di Alessandra Berardi, autrice, fra l'altro, di un eccezionale microracconto botanico: è tutta una storia racchiusa, fra titolo e personaggi, in sole 20 parole. Insieme ad Anna Busetto Vicari, firma anche quella che si potrebbe definire un'image-valise: Rousseau nel giardino di Rousseau. Non è la sola costrizione a rendere così divertente il testo di Brunella Eruli: rispettando il modello di una scheda botanica la Eruli descrive un vegetale insolito, della famiglia delle Gimnosperme: la pianta dei piedi. Non poteva mancare un riferimento a Luigi Malerba, la cui scelta, effettuata da Daniela Fabrizi per il nome, non poteva essere più felice: chi meglio di Malerba può riassumere lo sperimentalismo e l'attenzione alla lingua? Sul fronte satirico si collocano i testi di Eliana Vicari e Marco Maiocchi: più mordaci, le aplologie degli "aromi famosi" trasformano in erbe personaggi della politica del passato governo con cui condividono una sillaba (Minetti-timo, Brambilla-Iavanda); più criptico il Pioppo libero, o populus libertatum, che necessita di una traduzione letterale del nome latino per rinviare senza indugi al partito politico. La grafica è parte essenziale delle invenzioni di Paolo Albani e di Gianni Zauli: il primo ha visto piante immaginifiche nei caratteri di diversi alfabeti; il secondo ha lavorato sulla deformazione del significante al fine di ingenerare nuovi significati, opportunamente illustrati. Non manca un breve "orto dramma" in cui Aldo Spinelli fa dialogare dei vegetali, scelti certo non a caso. Infine, unico testo non inedito, un Cavazzoni del 1992, riscrittura in chiave botanica di un racconto del libro Cuore.
Ad accompagnare queste invenzioni linguistiche le creazioni grafiche, non di origine ma certamente di spirito oplepiano, di Alessandra Pirovano, il cui sguardo artistico ha saputo vedere negli organi interni del corpo umano infiorescenze e ramificazioni di straordinaria bellezza.
Ottimi prodotti di artigianato che nulla devono alla serialità, al marketing, al consumo di massa. Destinati a pochi, essi chiedono collaborazione dal lettore, strappato alla sua passività con la promessa di una maggiore jouissance. Nel più autentico spirito di Nemeton.
Dedichiamo questo dossier a Brunella Eruli - autrice in queste pagine de La pianta dei piedi - che da poco ci ha improvvisamente lasciati, rendendoci sùbito coscienti di aver perso, oltre che una raffinatissima studiosa ricca di cultura e dalla mente fervida, un'amica gentile, sempre disponibile e giudiziosa in ogni frangente. Francesista, patafisica, oplepiana, interessata ai problemi dell'arte contemporanea e delle avanguardie storiche, autrice di numerosi volumi e saggi dedicati alla letteratura francese e al teatro, caporedattore della rivista "Puck, la marionette et les autres arts", Brunella ha condiviso l'attività dell'Oplepo fin dagli esordi del gruppo curando il convegno fiorentino del 1991 Attenzione al potenziale! Il gioco della letteratura e il successivo testo dal medesimo titolo.
Nemeton, 7, aprile/settembre 2012, pp. 15-16. L'illustrazionè è di Alessandra Pirovano.